Cera, voti, speziali e devozione nei registri contabili dell’Annunziata

All’Archivio di Stato di Firenze nel fondo delle Corporazioni soppresse dal governo francese e nell’archivio conventuale della SS. Annunziata di Firenze, non mancano i registri di amministrazione della cera e dell’olio, a volte (ma non spesso purtroppo) con delle aggiunte devote su miracoli, voti e libere offerte.
Cera e olio servivano per rischiarare gli ambienti e erano elementi importanti anche della liturgia e della pietà cattolica, cioè avevano un fine che trascendeva gli eventi.
Infatti è evidente l’analogia dell’illuminazione della notte ‘reale’ e dell’oscurità di chiesa, di altari, di cappelle (o, se si vuole, anche delle vie serali percorse dai catafalchi e dai cortei), con la luce-consapevolezza dell’anima che scacciar il senso di ignoto e le paure e rivela la ‘realtà’ spirituale, esistente ma immateriale, indefettibile e eterna.
Tale analogia provocò l’attenzione a rammentarla al fedele con la luce concreta delle lampade, candele, torce, torcetti e mezzi simili che non furono di facile reperibilità e, essendo per questo anche costosi, puntualmente venivano annotati nei registri con le spese sostenute, le incerte entrate, il riutilizzo dei moccoli perché non si doveva sprecare nulla in un mondo in cui il denaro era scarso e la vita abbastanza dura.

Per inciso, del commercio di cera non si trova ricordato nei registri un aspetto che oggi va di moda cercare: la filiera-catena di approvvigionamento, essendo i Servi di Maria e gli altri ordini religiosi o i privati solo gli utilizzatori ‘finali’. Al di fuori di impossibili indagini di archivio lunghe e minuziose, se ne può solo immaginare il percorso: una prima provenienza con l’intermediazione degli addetti dalla campagna: dalle api e dagli apicoltori, dagli allevamenti, dai macelli e dal grasso animale o dai frantoi e dal resto della spremitura delle olive, cioè l’olio di bassa qualità e la sansa che prendevano fuoco ... E via di seguito verso la lavorazione nelle botteghe.
Dalla botteghe la cera veniva portata ai consumatori e alla SS. Annunziata dove erano i sagrestani della cappella della Madonna e di chiesa a occuparsene. Riferivano poi azioni e necessità al camarlingo del convento che sovrintendeva alle spese della comunità (assai numerosa), faceva quadrare i conti e riscuoteva o corrispondeva quanto abbisognevole. E proprio in un registro proprio del camarlingo, che va dal 1600 al 1606 e menziona fra Alessandro sagrestano di chiesa, si trovano sulla cera le minuziose note che il ricercatore apprezza sempre e che, tra le altre, mostrano relazioni con gli speziali, come Ottaviano Pinadori, con i falegnami per sistemare i voti di cera o di altro materiale, con i garzoni e varie persone che aiutavano nei lavori e nelle feste più importanti. Ne trascrivo una parte:

(Stanziamento ottobre 1600) “Al Pinadoro spetiale lire 50 a buon conto, l. 50”.

(Idem, marzo 1601/1602), “Allo spetiale del Moro lire venti, l. 20”.

7 giugno 1603, “Ottaviano Pinadori spetiale de dare per la valssuta di lire novanta dua di facole intere e lire una soldi sette libbra d’accordo con Bart.o in tutto lire cento venti quattro s. 4 ...
Et più de’ dare per la valssuta di libbre trenta tre di torcie a lire una soldi quattro libbra d’acordo con il detto Bart.o in tutto lire trenta nove soldi dodici, sì come appare al libro di detta bottega a 80, libbre 33, l. 39.12.
E a dì 21 detto de dare per la valssuta di libbre cento tredici di torcie corte a lire una libbra d’accordo, levò Lessandro in tutto lire cento tredici, l. 113.
E a dì 27 dette lire cinquanta cinque soldi 1 hauti cont. del p. camarlingo e me Antonio Generotti ...
Ottaviano detto de’ havere questo dì 20 di giugno 1603 per la valssuta di libbre trenta due et mezzo di falcole venetiane bianche di once 4, che once 2 a ragione di lire 2 libbra, l. 65.
Et più de’ havere per libbre tredici once nove di candele gialle da morti a lire 1 soldi 13, il tutto servito per il bisogno di sagrestia, levò fra Lessandro sagrestano, l. 22.13.9.
Et per libbre 48 di candeluze haute sotto dì 13 ... l. 274.5.
Il p. camarlingo paghi l. 331.17.9 ...
In haver fatto levare et porre et alzare li voti tutti che sono in chiesa atachati, et altri che erano al palcho delle cappelle et portature di correnti et altro tutto per ordine de’ Padri del convento in tutto, lire diciasette, l. 17.
Al padre fra Mauro nostro camarlingo lire dugento settanta sei soldi sedici portò detto per la valssuta di libbre cento quarante sei di cera in tante torcie et libbre novanta dua di falcole gialle intere vendute a Ottaviano Pinadori, come al libro di detto appare a 80, che detta cera l’ha ricevuta a buon conto di pagamento et però si fa debitore qui il detto padre camarlingo, tutto con consensso del padre fra Adriano sindaco sino sotto dì 21 di giugno 1603 in tutto lire 238.
Fra Alessandro Maria sagrestano ...”.

(marzo 1605/1606, fra Adriano sagrestano), “A dì 6 detto. A fra Antonio Maria nostro frate lire dua tanti datigli per haverci imbiancato gli cerotti che stanno sopra l’altar grande, portò detto contanti, l. 2”.

A dì 24 detto (marzo 1605/1606), per compera di cento luminini ... comperò Drea che achatta per gli in curabili.

Per compera di cinquanta lampanini comperi dal bichieraio da Suchielinaia, lire dua comperò Drea sopra detto.

A Drea che achatta per gli incurabili lire una per haver atachate le indulgentie della Nuntiata.

A dua garzoni della camera del Arme lire dua datigli per mancia la mattina della Nuntiata nel haversi portati le venti l. di cera bianca secondo il solito ...”.

Conto del falegname
(1602), “E più per avere fatto dua quadretti co’ le cornice d’albero e datoli il colore nero e messovi le campanelle per appicarli quali servano per l’altare di San Filippo per appiccare boti, l. 4”.
“Et libbre 4 once 10 di cera b. venti per incerare dette finestre pagati allo speziale della Nave ...”.
25 luglio 1603, “per avere alzato i voti grandi di chiesa e ritramutato gli altri, che v’è stato Cosimo nostro garzone a gran disagio e alla polvere dua giorni, a lire 2.13.4. il dì ...”.
29 novembre 1603, “... in chiesa per opere dua di Cosimo nostro garzone servite a rassetare il cornicione grande sopra la porta di chiesa dove stanno i boti, a lire 2 soldi 5 l’una”.

Paola Ircani Menichini, 14 novembre 2025. Tutti i diritti riservati.




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